Addio a Valerio Zanone. Leader del Pli, ministro, sindaco di Torino. Scelse l’Ulivo.
“Liberale” è il sostantivo che segna la vita di Valerio Zanone e i suoi 50 anni di impegno politico.
E’ anche l’unica parola che ha voluto scritta sulla lapide che lo ricorderà al cimitero monumentale di Torino. Ma Zanone, morto stamattina nella sua casa di Roma a pochi giorni dal suo 80esimo compleanno, non è stato un liberale buono per tutte le stagioni. Fin dalla contestazione a Malagodi, a metà degli anni ’60, era alfiere di un liberalismo “distinto e distante dall’integralismo cattolico e dal conservatorismo comunista” – come lo ricorda Massimo Teodori – quando la parola ‘liberale’ non era un brand tanto in voga sul mercato della politica. Poi, quando invece lo è diventato per convenienza elettorale, si è tenuto alla larga e ha combattuto le mistificazioni di comodo. Voleva essere ricordato come liberale democratico, laico, europeista, sociale.Liberaldemocratico della tradizione piemontese; formato alla cultura laicista, ma non ‘mangiapreti’; europeista rigoroso della prima ora; sociale, contro la concezione elitaria del liberalismo degli anni ’60. Un liberale puro e anomalo. Mai con la destra. Dentro e fuori dal Parlamento, tutti i suoi discorsi pubblici e gli scritti privati sono andati in questa direzione e non è stato facile tenere la posizione nel passaggio tra la prima e la seconda Repubblica, quando la diaspora del vecchio partito liberale ha portato la gran parte degli ex Pli con Forza Italia.