Alain Delon, il bello e ribelle del cinema

Domenica il grande attore francese Alain Delon festeggerà il suo ottantesimo compleanno. Delon, nato a Sceaux  in Francia non ha fatto solo l’attore, ma anche il regista e il cantante. Tuttavia il grande pubblico lo conosce per i suoi successi cinematografici. La vita di Delon non è mai stata tranquilla. Già a quattro anni finisce in un collegio di suore per via della separazione dei genitori. Dopo essere costretto a cambiarne diversi a causa del suo carattere ribelle, a quattordici anni abbandona la scuola e lavora per un periodo nella macelleria del patrigno. A diciassette anni molla l’impiego e si arruola nella marina francese, finendo nel sud-est asiatico. Nuovamente un periodo difficile per Delon che durante la sua spedizione di cinque anni finisce diverse volte in prigione per indisciplina. Tornato in Francia si ritrova senza soldi e così per sopravvivere fa di tutto, dal facchino, al commesso, al cameriere. Sarà in quella situazione che il grande regista e sceneggiatore Yves Allegret noterà il giovane Delon dall’aspetto luminoso e al tempo stesso glaciale. Delon divenne una star in Francia negli anni cinquanta e settanta, in particolare con “Godot “ e “Fatti bella e taci”nel 1958. Il suo talento però non venne riconosciuto solo in Francia, tanto che grazie a Luchino Visconti acquisirà fama internazionale. In “Rocco e i suoi fratelli” Delon interpreta un personaggio puro e tollerante,  totalmente atipico rispetto ai suoi ruoli tipici. Ma negli anni sessanta partecipa anche ad altre opere di grande spessore artistico, come “L’eclisse” di Michelangelo Antonioni. Indimenticabile la sua interpretazione del giovane Tancredi nel “Gattopardo” di Visconti e naturalmente sempre in quegli anni a fianco di Jean Gabin, nel ruolo di Francis Verlot in “Colpo grosso al casinò”. In quegli anni sessanta, oltre a lavorare molto, conclusa la relazione d’amore con Romy Schneider, sposa l’attrice Francine Canovas, in arte Nathalie Delon, da cui avrà il figlio Anthony prima del divorzio nel 1968. Dopo i grandi successi ottenuti con “Il tulipano nero”, “Tre passi nel delirio” e “Parigi brucia?”, Delon  inizia a girare quasi esclusivamente film “polar”, vale a dire fra il poliziesco e noir. Preferisce il personaggio duro hard boiled, un genere poliziesco caratterizzato da una rappresentazione realistica del crimine, della violenza e del sesso. Infatti in capolavori come “Frank Costello faccia d’angelo”, “Il clan dei Siciliani” e “La piscina” mostra grandissima capacità recitativa. Negli anni settanta convince la critica e il grande pubblico con “Borsalino”, “La prima notte di quiete” e “L’assassinio di Trotsky”. E negli anni ottanta prenderà finalmente il premio César come miglior attore protagonista nel film “Notre Histoire”  di Bertrand Blier. Seguono anni difficili e Delon torna a lavorare per il teatro e la televisione. Nel 2005, anno in cui  il presidente Jacques Chirac gli conferì la Legione d’onore per il suo contributo all’arte cinematografica mondiale, rivela alla stampa di lottare contro una grave sindrome depressiva. Tornato a fare cinema nel 2008, interpreta Giulio Cesare in “Asterix alle Olimpiadi” e il 9 ottobre del 2009 come ospite su Rai Uno in una puntata del varietà “I migliori anni” dichiara di aver sconfitto il grande male oscuro che lo aveva afflitto. In quell’occasione rivela d’avere un grande ricordo dei registi italiani con cui aveva lavorato, citando in particolare l’amico scomparso, l’attore Renato Salvatori. Nel 2013 rilascia un’intervista al canale televisivo francese France 5, in cui afferma che l’omosessualità è contro natura, suscitando alcune polemiche.

Sono numerosi i film in cui Delon ha mostrato le sue capacità artistiche, tanto che oltre al Premio César ricevette anche il David di Donatello nel 1972 e l’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino nel 1995.

Fra i tanti film ricordiamo:  “Godot”  di Yves Allégret (1957); “Fatti bella e taci“ di Marc Allégret (1958); “Delitto in pieno sole” di René Clément (1960); “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti (1960); “L’eclisse” di Michelangelo Antonioni (1962); “Il gattopardo” di Luchino Visconti (1963); “Colpo grosso al casinò” di Henri Verneuil (1963); “Il Tulipano Nero”  di Christian Jaque (1964); “Parigi brucia?” di René Clément (1966); “Due sporche carogne – Tecnica di una rapina”  di Jean Herman (1968); “La piscina”  di Jacques Deray (1969); “Il clan dei siciliani” di Henri Verneuil (1969); “Borsalino” di Jacques Deray (1970); “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini (1972); “L’assassinio di Trotsky” di Joseph Losey (1972); “Il figlio del gangster” di José Giovanni (1976); “Notre histoire” di Bertrand Blier (1984) e “I pianoforti di Berlino” di Philippe Lefebvre (1988).