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L’entrata in guerra d’Italia e le sue conseguenze rimangono la più profonda cesura nella storia recente dell’Alto Adige, del Tirolo e del Trentino

22 Maggio 2015

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L’entrata in guerra d’Italia e le sue conseguenze rimangono la più profonda cesura nella storia recente dell’Alto Adige, del Tirolo e del Trentino

Tristezza e riflessione segnano l’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia 100 anni fa, il cosiddetto. “Intervento”.
Invece di bandiere e retorica di Stato, la giornata di domani é segnata per noi da un chiaro giudizio:

  • Un giorno nero per l’Italia e l’Europa: L’entrata in guerra dell’Italia il 23 maggio 1915 fu un fondamentale evento politico del 20° secolo, con conseguenze immense e a lungo termine. Contrariamente a quanto avevano sperato i vertici dello Stato di quel tempo, cioè il capo del governo Salandra, il ministro degli Esteri Sonnino o il Capo di Stato Maggiore Cadorna, il conflitto non durò affatto “ancora un paio di mesi”, ma tre anni e mezzo. Il prezzo pagato fu devastante: 650.000 soldati italiani morti, lo stesso numero di morti austriaci e tedeschi, circa 400.000 civili morti per la malnutrizione, per gli effetti della guerra e per l’influenza spagnola – in tutto circa 1,6 milioni di morti, cui vanno aggiunti 450.000 italiani mutilati per sempre. Pertanto questo anniversario è un giorno nero, e non solo per la storia d’Italia. Tanto più che, nel maggio 2015, cioè dopo già nove mesi di guerra, i leader politici e militari italiani avevano un quadro ben chiaro dell’impatto devastante che la Guerra Mondiale aveva sia sui fronti che all’interno delle nazioni. Nel maggio 2015 la Roma politica ha agito irresponsabilmente e si è caricata di una colpa pesantissima – agendo contro ogni evidenza.
    Oltre le conseguenze dirette, la guerra ha scosso dalle fondamenta il sistema politico italiano. L’insoddisfazione per i risultati, l’instabilità sociale e la “pedagogia della violenza” subita da migliaia di giovani al fronte hanno portato a guerra finita all’ascesa del fascismo. La presa del potere di Mussolini nel 1922 e il regime nero tra il 1922 e il 1943 sono indissolubilmente legati al 23 maggio 1915.
  • Nessun tradimento verso l’Austria, ma contro il proprio stesso popolo: l’Italia entra in guerra “cambiando fronte”, ma questo non è stato un “tradimento, che la storia non ne conosce uguali”: fu anche responsabilità dell’Austria-Ungheria. Il governo di Vienna, deliberatamente, nell’estate del 2014 non aveva informato Roma sulle proprie azioni e sui propri obiettivi, ma aveva trattato gli italiani come alleati di seconda classe e così aveva incoraggiato il passaggio dell’Italia al fianco degli alleati occidentali e della Russia nell’aprile 1915. Relazioni più leali, basate su maggiore informazione e un venire incontro di Vienna alle esigenze italiane avrebbero probabilmente mantenuto in una condizione di neutralità Roma, che quindi avrebbe probabilmente rinunciato all’Alto Adige e ai territori non di lingua italiana. La responsabilità principale per lo scoppio della guerra nel 1914 ce l’hanno senza dubbio Vienna e Berlino, mentre Roma nel 1915 si è assunta consapevolmente i rischi mortali della sua entrata in guerra – contro la volontà della stragrande maggioranza della popolazione che voleva la pace.
  • L‘ingresso in guerra da parte dell‘Italia espose al massimo il Tirolo (Trentino compreso), poiché dal maggio 1915 questo territorio diventò allo stesso tempo fronte e retroterra. Dopo l‘intervento militare di soldati tirolesi in Galizia e Serbia, doveva ora essere difeso il fronte montano, con grande sacrificio delle forze di difesa tirolesi, costato un numero immenso di vittime, non solo sul fronte di guerra, ma anche tra i civili, donne e bambini in modo particolare in Trentino. La conseguenza più grave per il Sudtirolo e il Tirolo, oltre al grande numero di vittime, fu la separazione dall’Austria nel 1919 e l’annessione all’Italia. Questa avvenne contro la volontà popolare, contro i principi del diritto internazionale, un‘ingiustizia che causò dolori e pene che si prolungarono ben oltre il conflitto armato. Il 23 maggio 1915 rovinò in modo durevole la relazione del Tirolo e del Sudtirolo verso l‘Italia, la sua politica, la sua società e la sua cultura. L‘Intervento fece aumentare ulteriormente una avversione già esistente, portandola fino all‘odio più cieco. In seguito alla cessione del Sudtirolo all’Italia, come premio per l‘ingresso nel conflitto, le relazioni rimasero profondamente conflittuali e per molto tempo avvelenate. Nazionalismo e pregiudizi da entrambe le parti furono i frutti cattivi scaturiti dalla guerra e dal 23 maggio 1915. Ma già prima del 1914 in Tirolo si percepivano un‘arroganza nazionale e un nazionalismo germanico così come simili sobillatori si trovavano in alcune parti del Trentino. E ancora oggi ci troviamo a contrastare la peste nazionalista ed estremista, con tutte le forze.
  • Il cammino della riconciliazione. Nonostante tutto questo, nonostante le pesanti ipoteche del 23 maggio 1915, dopo il 1945 si è riusciti a spianare molte barriere e a creare una relazione rispettosa tra Stato e minoranza e soprattutto tra i diversi gruppi linguistici. Anche se la cessione del Sudtirolo rimane un‘eredità storicamente pesante, la pace e la riconciliazione sono oggi realtà. L‘autonomia, che ha come obiettivo la tutela delle minoranze, il giusto equilibrio tra i gruppi linguistici e il positivo sviluppo della Provincia, è stata per il Sudtirolo una risposta tardiva, ma efficace e fruttuosa che è riuscita a porre rimedio alle conseguenze dell’intervento.

Un governo che per commemorare questo giorno ordina di issare la bandiera mostra un’assoluta mancanza di sensibilità e rispetto che sarebbero necessari in occasioni di questo tipo. E ancora di più: l’ordinanza relativa alla bandiera dimostra cecità storica e mette in pericolo la fiducia: non è un affronto solo per l’Alto Adige/Südtirol, ma per tutta l’Italia.
Lutto in memoria delle vittime e dei morti, sguardo pensoso sulle conseguenze della violenza, chiara assunzione di responsabilità e di colpa: questi sono i momenti necessari nel ricordo di quei giorni. Possibile e auspicabile tuttavia è anche la gratitudine per il superamento delle tragiche conseguenze di quella guerra. Resta il compito di un lavoro congiunto di tutti i gruppi linguistici in questa terra per un futuro di pace nel segno di un’ulteriore riconciliazione. E la solidarietà con quei milioni di persone che in tutto il mondo tuttora soffrono le conseguenze della guerra e della deportazione, comunicano in una nota i Consiglieri Provinciali dei Verdi, Hans Heiss, Riccardo Dello Sbarba e Brigitte Foppa.