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Muore l’infame accusatore di Enzo Tortora

28 Febbraio 2015

Muore l’infame accusatore di Enzo Tortora

È morto uno degli accusatori di Enzo Claudio Tortora, Pasquale Barra. Barra, che era stato il braccio destro di Raffaele Cutolo, lascia questo mondo all’età di 72 anni mentre stava scontando la pena dell’ergastolo all’Arignone. Noto per la terribile uccisione di Francis Turatello, Pasquale Barra detto ‘o’ Animale’ aveva sconvolto l’Italia, in particolare perché aveva profanato il cadavere di Francis Turatello dopo averlo ucciso con 40 coltellate. Dal 1983 aveva deciso di collaborare con la giustizia e fu allora che accusò ingiustamente il famoso presentatore italiano Enzo Tortora. Accuse che lo stesso Barra in sede di dibattimento giudiziario non sostenne. E sì, anche Tortora fu una delle sue vittime. Benché non lo avesse colpito fisicamente, ne infangò il buon nome in malo modo. Tutti ci ricordiamo la triste storia di un uomo giusto come Tortora che dovette sopportare un terribile calvario senza aver fatto nulla. Anche se sono passati oramai tanti anni, sembra che sia stato ieri quando il 17 giugno 1983 fu arrestato Tortora con l’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico su ordine della Procura di Napoli. Incredibile, le accuse si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso, chiamato “Gianni il bello” e Pasquale Barra, già noto come terribile assassino di galeotti quand’era detenuto e per aver tagliato la gola, squarciato il petto e addentato il cuore di Francis Turatello. Ma furono anche altri otto imputati ad accusare Tortora nel processo alla cosiddetta N.C.O., ovvero Nuova Camorra Organizzata, tra cui Michelangelo D’Agostino – noto pluriomicida, detto “Killer dei cento giorni”. E come se non bastasse, il pittore Giuseppe Margutti, già pregiudicato per truffa e calunnia e la moglie Rosalba Castellini dichiararono di aver visto Tortora spacciare droga negli studi di Antenna 3. Accuse rivelatesi false e prive di ogni fondamento. Sembra incredibile, ma l’accusa a Tortora si basò, di fatto, unicamente su un’agendina trovata nell’abitazione di un camorrista di nome Giuseppe Puca detto O’Guappone, sulla quale fu scritto a penna un nome che apparse essere all’inizio quello di Tortora seguito da un numero di telefono. Grazie a una perizia calligrafica risultò che non si trattò di Tortora ma di Tortona e nemmeno il recapito telefonico risultò appartenere al presentatore ingiustamente incriminato e condannato in primo grado. L’unico contatto che Tortora ebbe con Giovanni Pandico, uno dei suoi accusatori, fu a motivo di alcuni centrini provenienti dal carcere in cui fu detenuto il Pandico. Centrini indirizzati al presentatore perché fossero venduti all’asta del noto programma Portobello. Possiamo immaginare quanto materiale fosse stato inviato allora alla redazione di Portobello in quei tempi, considerandone il grande successo. Difatti la redazione di Portobello a causa del numeroso materiale inviatole da tutta Italia smarrì i centrini e così il galantuomo Tortora scrisse una lettera di scuse a Pandico. Vicenda che si concluse con un assegno di rimborso di 800.000 lire, ma il Pandico schizofrenico e paranoico, sviluppando forti sentimenti di vendetta nei confronti di Tortora gli scrisse delle lettere intimidatorie con scopo di estorsione. Una vicenda inverosimile in cui l’immagine di Tortora fu presa di mira anche nell’ambiente giornalistico. Durissima la reazione di Camilla Cederna nei confronti Enzo Tortora, la quale si pronunciò per la sua colpevolezza. Persino grandi giornalisti della carta stampata come Enzo Biagi, Giorgio Bocca e Indro Montanelli mostrarono qualche dubbio dopo il suo arresto, anche se in seguito lo difesero a spada tratta. In particolare Biagi che pubblicamente si spese per Tortora senza riserve. Indimenticabile anche la solidarietà dei radicali e di Pippo Baudo, Piero Angela e Massimo Fini. Piero Angela e Giacomo Aschera promossero persino una raccolta firme pro-Tortora sul quotidiano “la Repubblica”, alla quale aderirono Eduardo De Filippo, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Lino Jannuzzi e Rossana Rossanda. Tortora scontò sette mesi di carcere in cui ottenne solo tre colloqui con i magistrati inquirenti. Detenzione che per motivi di salute continuò ai domiciliari. Enzo Tortora nel 1984, un anno esatto dopo il suo arresto fu eletto deputato al Parlamento europeo nelle liste del Partito Radicale, che ne sostenne le battaglie giudiziarie. Il 17 settembre 1985 Tortora fu condannato a dieci anni di reclusione prevalentemente per le accuse di altri pentiti.

Il 9 dicembre 1985 il Parlamento Europeo respinse all’unanimità la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’eurodeputato Enzo Tortora per oltraggio a magistrato in udienza. È incredibile, ma i fatti contestati allora a Tortora riguardarono una vicenda accaduta in un’udienza del processo alla N.C.O. del 26 aprile 1985 in cui il PM rivolgendosi al legale di Tortora avrebbe affermato: « Il suo cliente è diventato deputato con i voti della camorra! », mentre la reazione di Tortora con grido acceso fu « È un’indecenza! » è interessante la motivazione del Parlamento Europeo con cui respinge l’autorizzazione a procedere e in cui si legge tra l’altro: « Il fatto che un organo della magistratura voglia incriminare un deputato del Parlamento per aver protestato contro un’offesa commessa nei confronti suoi, dei suoi elettori e, in ultima analisi, del Parlamento del quale fa parte, non fa pensare soltanto al «fumus persecutionis»: in questo caso vi è più che un sospetto, vi è la certezza che, all’origine dell’azione penale, si collochi l’intenzione di nuocere all’uomo e all’uomo politico. »

Ciononostante Enzo Tortora, sicuro della propria innocenza, il 31 dicembre 1985 si dimise da europarlamentare e rinunciando all’immunità parlamentare restò agli arresti domiciliari. Il 15 settembre 1986 la Corte d’Appello di Napoli assolse con formula piena Enzo Tortora da ogni accusa. I giudici smontarono in tre parti le accuse rivolte dai camorristi contro i quali iniziò un processo per calunnia. Infatti, per i giudici gli accusatori del presentatore, quelli legati alla camorra, dichiararono il falso allo scopo di ottenere una riduzione della loro pena, mentre altri non legati all’ambiente carcerario vollero trarne fini pubblicitari, come il pittore Giuseppe Margutti.

Davvero una storia desolante e ancora oggi sento le parole pungenti di Tortora rivolte ai giudici napoletani, «Io grido: “Sono innocente”. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.»

Certo, Tortora fu assolto e forse tutti noi abbiamo imparato qualcosa da questa incredibile storia che non ha solamente segnato la vita di un uomo giusto, ma la storia della nostra Nazione.

In foto: Pasquale Barra e Enzo Tortora

Giornalista pubblicista, scrittore.