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Satira sì, libertinaggio no

10 Gennaio 2015

Satira sì, libertinaggio no

La strage di Charlie Hebdo ha riportato l’attenzione dei media, degli studiosi, dei politici, potremmo dire di gran parte dell’opinione pubblica ad occuparsi della satira. Questo, benché questo genere della letteratura e delle arti sia molto antico e fin dalla sua origine caratterizzato dall’attenzione critica alla politica e alla società per mostrarne le contraddizioni e magari promuoverne dei cambiamenti. Già nell’Antica Grecia la satira aveva una connotazione fortemente politica, basti pensare al demagogo Cleone contro il poeta comico Aristofane. In ambito italiano troviamo definizioni notevoli circa l’uso di quest’arte, per il disegnatore Giorgio Forattini è la più grande espressione di libertà e di democrazia, per Dario Fo una forma libera e assoluta del teatro, mentre per il comico e scrittore Daniele Luttazzi è persino un punto di vista e un po’ di memoria. Benché abbia delle caratteristiche comuni al comico, al carnevalesco, all’umoristico, all’ironico e al sarcastico, non ha però lo scopo di “sfottere”, ma di far emergere fatti rilevanti, di proporre punti di vista. L’importante, come la stessa Corte di Cassazione ha sottolineato in una sentenza del 2006, è un esito finale di carattere etico, correttivo e verso il bene. In fondo la stessa Costituzione tutela il diritto di satira, circostanza che non dovrebbe meravigliarci poi troppo, considerando che immediatamente prima della nascita della nostra preziosa Repubblica la satira non era ben vista, ma ansi osteggiata. Se c’è una cosa che i regimi totalitari non tollerano, questa è la satira. L’Italia ha una storia ricca di satira. Pensiamo alla nota rivista satirica Asino di matrice anticlericale, fondata nel 1892, molto critica nei confronti del governo Giolitti, piuttosto che le varie uscite su altre testate che mettevano in ridicolo il Partito fascista come il giornale umoristico il travaso delle idee, piuttosto che il settimanale Candido, per citarne alcuni. Ebbene, poco da fare, la satira ha spesso avuto come bersagli preferiti oltre ai politici anche esponenti pubblici del culto ed il ruolo politico e sociale svolto dalla religione. Già nell’antichità gli autori satirici ridicolizzarono la religione, piuttosto che la tradizione carnevalesca popolare nell’Italia del Rinascimento. Allora ci furono reazioni di censura, a volte anche violente. Noi occidentali abbiamo fatto progressi e oggi in nome della libertà vogliamo la satira a tutti i costi ed è bene così, l’importante che resti tale e non si usi l’arte a scopo diverso. Libertà e libertinaggio non sono la stessa cosa e se con la provocazione anziché promuovere, far pensare, si vuole appositamente disprezzare e offendere, ahimè, allora non è satira, ma una mera offesa e caduta di stile che una civiltà con un tale bagaglio storico e culturale come la nostra non dovrebbe mai permettersi. Viva la democrazia!

In foto: Thomas Alva Edison accende la sua lampadina – di I. Astalos

Giornalista pubblicista, scrittore.