Le immagini del fanatico assalto politico-terroristico a Parigi e la complessità di quello che abbiamo davanti rimarranno impresse a lungo nella nostra mente: stiamo vivendo eventi tragici e sconvolgenti, carichi d’incognite per il futuro dell’Europa e della civiltà occidentale. Bisognerà – per realizzare progetti e per conseguire garanzie di pace e di rispetto tra le varie comunità – fermarsi e decidere.
Nel massacro di Parigi due sono i temi che s’intrecciano: quello della libertà di stampa e di espressione e quello della violenza religiosamente motivata. Su questi fatti la politica sembra offrire un’immagine incerta e a volte ipocrita: più che presentarsi come forza pronta, affidabile e responsabile, e quindi di sicura capacità di governo e del senso della storia – appare invece timida, debole, generica e governata da una retorica roboante. Mi rendo conto che non è facile ricevere adeguate risposte che possano tranquillizzarci: non sono sufficienti né i discorsi ufficiali, le parate o le manifestazioni di solidarietà come quelle dei capi di governo e di Stato del mondo occidentale riuniti a Parigi ( assente Obama) , né azioni militari e di polizia ….se non guidate dal dialogo possibile e dal reale coinvolgimento e partecipazione di uomini di buona volontà: certo è che i timori, la paura, le incertezze e il dialogo impossibile non sembrano farci respirare.
Quali risposte e quali iniziative dopo Parigi? Sostenere che gli “altri” sono stranieri e invasori e che spadroneggiano nel nostro Occidente oppure affermare che sono delle vittime della nostra civiltà e della nostra matita? Liquidare la carneficina di “Charlie Hebdo” come un gesto isolato di alcuni squilibrati delinquenti? Chiudere Schengen? Riattivare la pena di morte? Distribuire tra gli Stati gli elenchi dei passeggeri? Riconfermare i principi occidentali e quelli dei Dieci Comandamenti? Riconsiderare – su entità spirituali o simboli religiosi – la massima popolare che dice “ scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”? Non so proprio!
Nella realtà occidentale la satira è cultura, è libertà e diritto: essa produce, anche con travisamento della realtà, messaggi informativi di fatti in forma ironica, scherzosa o surreale, come anche fa sentire la sua voce con giudizi “velenosi” per colpire e “dissacrare” personaggi potenti. Ebbene tale “libertà“ non può essere demonizzata o annullata in nome di una tipica sensibilità individuale vissuta dal “ non infedele” come un’offesa alla propria fede. Gli autori del massacro di Parigi urlavano d’aver “vendicato il Profeta”, con la convinzione che la giusta punizione per gli infedeli blasfemi sia la loro morte. Mi sono chiesto: uccidere in nome di Dio non è la concezione di un Dio assassino e di morte? Singolare paradosso fideistico. E il Codice da Vinci? Se tale libro fosse stato ritenuto blasfemo dai cattolici, il suo autore, Dan Brown avrebbe avuto bisogno di tutela? No di certo perché viviamo in una società democratica, repubblicana e laica. Eppure il terrorismo islamico non si ferma: è di poche ore l’ultima strage in Nigeria con una bambina fatta saltare in aria imbottita di esplosivo con morti al mercato della città di Maiduguri; in quel mercato lo scorso primo dicembre due donne si sono fatte esplodere causando morti e feriti.
Come rispondere a queste situazioni senza cadere nell’ipocrisia speranzosa? Sono sufficienti le blande dichiarazioni d’impegno e la retorica affermazione di tolleranza?
No di certo. E allora per far uscire l’Islam dalla propria concezione medievale teocratica – è necessario per prima cosa che l’Occidente risponda con il coinvolgimento diretto di chi professa l’islamismo cosiddetto moderato. E allora perché non chiedere a quei musulmani – che non vivono la fede come dominanza su altri – di realizzare “in ogni dove” manifestazioni pubbliche di popolo a sostegno delle opinioni moderate, di mostrare pubblicamente il loro volto e di condannare il terrorismo fondamentalista? Sarebbe un primo passo in avanti. A proposito perché la primavera araba è fallita?