Editoriali

L’ALTO ADIGE IN SVENDITA?

6 Aprile 2014

L’ALTO ADIGE IN SVENDITA?

Il “Corriere delle Alpi”, edizione bellunese del quotidiano “Alto Adige”, secondo quanto si afferma negli ambienti giornalistici in questi giorni – notizia quindi in attesa di verifica –  sarebbe stato venduto in gran silenzio (testata e redazione comprese) all’editore di un giornale del Veneto. L’operazione rientrerebbe nella nuova filosofia del risparmio ad ogni costo perseguita dal Gruppo Espresso, ma forse, secondo qualche altra ipotesi, con un disegno finale più preoccupante. Secondo queste ultime voci l’obiettivo non dichiarato sarebbe quello di vendere tutte le proprietà immobiliari appartenenti ad “Alto Adige”, alleggerire al massimo il numero dei giornalisti professionisti, e, alla fine, vendere testata e i resti dell’invenduto immobiliare al miglior offerente.

 A conferma di questa ipotesi di lenta smobilitazione, esisterebbero dei segni abbastanza chiari, come la sempre più frequente sostituzione di giornalisti professionisti con precari retribuiti a “pezzo” con compensi bassissimi. Sempre in quest’ottica, le sedi periferiche vengono progressivamente abbandonate. Qualche esempio: la redazione di Merano che contava sino a tre redattori, oggi si reggerebbe su un giornalista pensionato (per fortuna molto bravo) e qualche collaboratore, e l’immobile  della Redazione è in vendita; a Bressanone sarebbe stato eliminato il redattore professionista e sostituito con  collaboratori. Per non parlare del “Trentino” ove è stata chiusa la redazione di Rovereto e accorpata con quella del capoluogo.  Di fronte alla progressiva dismissione  del patrimonio suscita non poche perplessità l’iniziativa lanciata a Bolzano con lo slogan “Il festival del nostro giornale”.

Il risultato del clima di smobilitazione e da “si salvi chi può”,  percepito per ora solo da chi ne comprende i segnali, sarebbe la qualità del prodotto, che lascia sempre più a desiderare, tanto che le vendite sarebbero in flessione a vantaggio del concorrente “l’Adige” in provincia di Trento e del “Corriere dell’Alto Adige” in provincia di Bolzano. All’origine della disaffezione dei lettori, oltre ai fattori di crisi che investono tutta l’editoria, ci sarebbe la scelta di rinunciare alle inchieste e alle prese di posizione che un tempo facevano sentire questo quotidiano – nelle sue edizioni altoatesina, trentina e bellunese – come il “giornale di tutti a difesa dei più deboli”: si starebbe trasformando, cioè, soprattutto, in veicolo di notizie originate da terzi. E se perseverasse in questa linea di condotta, quella testata “Alto Adige” fondata nel 1945 dal Comitato di Liberazione Nazionale sarebbe destinata a spegnersi nell’indifferenza della proprietà e poi dell’opinione pubblica.

Insomma, l’attuale conduzione editoriale di questa testata storica, da 70 anni simbolo culturale dell’autonomia delle province di Trento e Bolzano, sembra paradossalmente destinata a diventare il simbolo del “predica bene e razzola male”, cioè dello stravolgimento della filosofia del Gruppo Espresso facente capo a Carlo De Benedetti che ne è proprietario.  Un gruppo cioè che promette di voler accentuare sia con “l’Espresso” sia con “Repubblica” una impostazione che viene invece capovolta nella gestione della catena di quotidiani locali, quasi fossero considerati dei “figli illegittimi”.

Né si possono addurre, per giustificare queste scelte, motivazioni di natura economica, visto che recentemente per i quotidiani locali sono stati realizzati risparmi di scala molto rigorosi persino con la concentrazione della stampa in un numero limitato di stabilimenti e del trasporto in pool tra più testate, arrivando addirittura – come è accaduto nella sede bolzanina – alla chiusura del sistema di riscaldamento nella sona meno frequentata.

Scrivo queste riflessioni (che spero risultino alla fine prive di fondamento) spinto dalla nostalgia di chi, come me, ha trascorso decenni della propria attività  giornalistica all’ “Alto Adige”, avendovi vissuto prima gli anni in cui la proprietà era passata dal Comitato di Liberazione alla famiglia Cavazzani, per poi essere acquisita dal gruppo “Corriere della sera” guidato da Tassan Din e infine dal gruppo “Espresso” guidato da Carlo Caracciolo e Eugenio Scalfari. E ricordo con rimpianto quando curavo la cronaca giudiziaria impostando diverse battaglie: per citarne qualcuna, tra le tante, quella contro l’inquinamento provocato dagli stabilimenti della zona industriale di Bolzano, o dalla Samin di Mezzocorona che con i suoi fumi provocava nei bambini della Basa Atesina delle macchie blu, attirandomi i fulmini delle Partecipazioni statali guidate allora dal ministro Flaminio Piccoli, trentino, che mi accusava di essere un pericoloso sovversivo; e la battaglia contro l’eccessiva urbanizzazione della Val Gardena, del Passo Carezza e di altre zone dell’Alto Adige prese d’assalto dal cemento, contro la distruzione del Parco Nazionale dello Stelvio. E poi vennero gli anni della politica di penetrazione della diffusione del giornale nelle “valli”, con le cronache delle aree della provincia di Bolzano dominate dal  “Dolomiten”, il quotidiano  di lingua tedesca. Infine l’espansione nella zona dolomitica del Veneto, la provincia di Belluno, fino all’insediamento nell’ambita piazza di Cortina d’Ampezzo. Una scommessa vinta, appunto, dando vita alla testata “Corriere delle Alpi”, che fino ad allora (1993) appariva solo come sottotitolo alla testata “Alto Adige”. E furono premiati lo slancio e i sacrifici impiegati per espugnare zone che erano state da sempre un feudo esclusivo del “Gazzettino di Venezia”. Sarebbe molto triste, pur seguendone dall’esterno le vicende, veder svanire, o svendere, i risultati di quegli anni entusiasmanti.