Racconti

Solidarietà

14 Ottobre 2012

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Solidarietà

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 di Francesco Cavagna

ANCHE LE GALLINE SONO SOLE

Studiare non gli era mia piaciuto. Meglio il calcio, e anche la pallavolo. Gli piaceva anche giocare a basket e a ping-pong, e poter sciare per lui era il massimo dalla gioia. In realtà non c’era sport che non gli piacesse, e in tutti si sapeva distinguere per bravura, prendeva subito dimestichezza con ogni tipo di gioco, sarebbe di sicuro riuscito bene anche nel tennis e ci avrebbe provato gusto, se solo non si fosse chiuso nel pregiudizio che fosse uno sport per ricchi e dunque disprezzabile; così si era messo in testa di non volerlo neppure provare, nemmeno per una volta.

La cosa che però lo appagava di più era la corsa: gli piaceva uscire di casa già correndo e lasciarsi velocemente alle spalle i vicoli ed i marciapiedi del suo quartiere per raggiungere il lungo argine e respirare a pieni polmoni, sentendo il gusto dello sforzo e della fatica, il cuore che pompava con vigore, i muscoli delle gambe ai quali ogni giorno poteva chiedere un po’ di più, imponendo sempre di superare quella soglia di sforzo, quando l’istinto di fermarsi sembrava davvero irresistibile.

Della scuola apprezzava il clima di collaborazione che si era creato tra i compagni; in molti lo aiutavano a studiare, lui non era mai stato eccellente, appunto per mancanza di passione, ma qualche rara volta anche lui era riuscito ad essere d’aiuto agli altri, ed era stato felice di potersi sdebitare. Riccardo però non era mai stato ambizioso, quando qualcuno gli chiedeva che cosa voleva fare da grande era solito dire, già dai quindici anni: “Sono già grande, voglio vivere qui come sto facendo!”

Aveva un cane che era cresciuto insieme a lui, e con lui sembrava allenarsi a correre sempre più veloce, senza arrancare e senza mai darsi per vinto. Lo aveva ricevuto da bambino, per uno dei suoi compleanni, forse il sesto o il settimo, e lo aveva chiamato Alex, incurante della nonna che obbiettava essere un nome da ragazzo e non da animale. Alex poi era morto il giorno esatto in cui Riccardo compiva diciotto anni, come a voler dire: “Da oggi sei grande davvero, ce la puoi fare da solo!”

Da lì a un anno finì la scuola e volle scegliere liberamente della sua vita, secondo quello che davvero sentiva di voler fare. Fu dura mettere la sua decisione davanti ai genitori, che tuttavia si opposero senza grande convinzione. Così ora portava le pizze a domicilio, lavorava a volte solo la sera, a volte tutta una mezza giornata. Non guadagnava molto, ma continuando a vivere in casa con i suoi, il suo stipendio mensile era più che sufficiente, anzi, ne avanzava molto.

Non smise mai di andare a correre. Ora al posto del fedelissimo Alex gli correva accanto un gatto grasso come un maiale che purtroppo non era scattante ed agile come il suo fedele amico d’infanzia, ma del resto Alex era quasi un prodigio di resistenza e velocità, chi poteva eguagliarlo?

Non si era mai pentito della scelta fatta, amava il suo umile motorino, amava il suono discreto e scoppiettante che lo accompagnava, amava Padova e amava il suo quartiere d’origine, il Bassanello, del quale conosceva a memoria ogni strada e ogni angolo, amava l’idea di poter girare per quelle strade senza doversi pagare la benzina, la sensazione di libertà che gli dava l’aria sul viso insieme a questo pensiero di leggerezza e gratuità. Non si metteva mai fretta, era sempre capace di controllare ogni tensione con la calma ed il buonumore.

Riccardo non aveva moltissimi amici, era un tipo un po’ solitario, ma era anche felice di conoscere nuova gente, di essere cortese con i clienti, di sorridere alle persone che incrociava correndo. Nessuno di loro poi sembrava stupirsi del fatto che Ringo (così aveva chiamato il suo grassissimo gatto) gli corresse accanto fedele, quasi fosse un cagnolino.

Fu proprio durante una delle sue tante corse serali che Riccardo conobbe Sara. Correva anche lei e pareva leggerissima, sembrava quasi non fare fatica, pareva che i suoi piedi non toccassero terra. Bastò un sorriso, uno sguardo di reciproca compassione o comprensione. Anzi: condivisione della stessa fatica e della stessa passione. Sara non correva certo per dimagrire, non ne aveva bisogno. Aveva la stessa età di Riccardo e occhi scuri, studiava psicologia, ma era perfettamente padovana, condizione necessaria perché Riccardo ne potesse provare attrazione.

Quella prima sera correndo uno accanto all’altra scambiarono giusto qualche parola, ma dai loro sguardi chiunque avrebbe capito che un vivo interesse reciproco s’era acceso in entrambi.

Da allora si incontrarono tante altre volte, sempre all’ora del tramonto, sempre sul lungo argine del Bacchiglione.

Ma fu esattamente la sera successiva a questo importante primo incontro che avvenne un fatto che lasciò un segno nella vita di Riccardo. Mentre correva lungo la solita stradina sterrata si imbatté in uno stormo di galline che sembrava essersi perso sul lungo argine. Riccardo si fermò stupito a guardarle starnazzare e scappare disordinatamente mentre Ringo rincorreva goffo prima questa poi quest’altra gallina, senza mai riuscire ad acciuffarne nessuna, ma creando una confusione mirabile. “Povere galline”: pensò Riccardo, “dopotutto anche loro si sentono sole!”. E così permise loro di seguirlo, erano d’altronde soltanto una dozzina.

Da quel giorno non mancarono mai all’appuntamento del tramonto… era diventata una vera e propria processione: davanti a tutti correva Riccardo, dietro di lui arrancava il suo fedele maialgatto e dietro ancora correvano le dodici galline, dimenando le ali e stando dietro come meglio potevano, sempre starnazzando e rubandosi la strada a vicenda in un gran disordine. Con quelle loro zampe corte erano veramente goffe, spesso per tenere il passo volavano per qualche piccolo tratto ma, nonostante lo sforzo, erano molto lente, tanto che Ringo e Riccardo si dovevano spesso fermare per aspettarle.

Sara tuttavia non ci faceva mai caso, tanto era attratta dallo sguardo limpido e sincero di Riccardo: non aveva mai incontrato in tutta la sua vita un ragazzo così semplice e allo stesso tempo così sereno e ottimista. Venne finalmente il giorno in cui decisero darsi appuntamento per passare insieme una serata in città. Optarono per una pizzeria del centro. Riccardo si presentò calmo e puntuale come al suo solito, non aveva l’aria di uno che s’era preparato con cura e trepidazione per un appuntamento importante. A Sara piaceva molto quel suo modo di fare sempre rilassato e quasi un po’ ingenuo. Lei sì che aveva curato la propria persona fino al minimo dettaglio, s’era anche cambiata tre volte il vestito, senza riuscire a decidere quale fosse il più adatto. Era arrivata in anticipo, e nell’attenderlo non riuscì a pensare che forse lui non si sarebbe presentato, sentiva il proprio cuore battere all’impazzata e inutilmente cercava di darsi un contegno. Eppure, ora che lui era arrivato, era come se la calma che Riccardo portava sempre con sé si fosse trasmessa in un attimo anche a lei, si sentiva serena e a suo agio, sentiva che poteva rilassarsi ed essere se stessa.

Ordinarono due margherite, per lei era la classica scelta da ragazza che non vuole esagerare in nulla, per lui lo specchio di una semplicità che riluceva da tutta la sua persona. Si misero a parlare dei loro vari interessi, scoprirono anche qualche amico in comune, e mentre parlavano Riccardo, presa una confezione di grissini, senza aprirla si mise a batterci sopra con calma e precisione per sminuzzarne accuratamente il contenuto. Quindi, con fare tranquillo, aprì la busta e rovesciò a terra quel marasma di briciole dicendo a Sara: “Scusa, devo dare da mangiare alle mie galline, anche loro si sentono sole!”

 

Francesco Cavagna