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2000 anni di Adige: ricostruita la storia del fiume. Il progetto inter ateneo presentato oggi a Bolzano

22 Giugno 2017

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2000 anni di Adige: ricostruita la storia del fiume. Il progetto inter ateneo presentato oggi a Bolzano

Presentati oggi i risultati del progetto di ricerca frutto della collaborazione tra le università di Trento e Bolzano. Nel progetto ETSCH 2000, finanziato dalla Provincia Autonoma di Bolzano la ricostruzione storico-morfologica del fiume Adige tra Merano e Rovereto. Obiettivo: dare strumenti e informazioni utili alla gestione sostenibile del fiume.   
Centocinquanta chilometri in duemila anni: sono le coordinate spazio-temporali scelte dal progetto “Etsch 2000” per ricostruire la storia del fiume Adige, delle sue variazioni morfologiche nel tratto che interessa tutta la regione Trentino Alto Adige, da Merano a Borghetto. Il progetto parte da un dato di fatto: gestire i fiumi in modo sostenibile, soprattutto quelli di grandi dimensioni, è possibile solo se si capisce la loro evoluzione storica in secoli di rapporto con le attività umane (con i vari interventi per rettificare i corsi d’acqua) e con i cambiamenti climatici (nel regime idrologico e nei sedimenti).
Il progetto di ricerca triennale, esteso e prolungato nel tempo, ha visto la collaborazione tra le università di Trento (Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica e Dipartimento di Lettere e Filosofia) e di Bolzano (Facoltà di Scienze e Tecnologie) e il finanziamento della Provincia autonoma di Bolzano (bando “Progetti di ricerca scientifica” del 2011). I risultati – prezioso strumento di supporto alle decisioni di gestione del fiume – sono stati presentati oggi nel corso di una conferenza che si è tenuta nella sede dell’Università di Bolzano. Presenti oggi anche i/le rappresentanti delle istituzioni che hanno collaborato al progetto: il MUSE (Museo delle Scienze di Trento), l’Agenzia per la Protezione Civile – Centro funzionale provinciale della Provincia Autonoma di Bolzano, l’Autorità di Bacino del Fiume Adige, i Servizi geologici delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Se nelle Alpi italiane gli studi hanno finora riguardato tratti fluviali dominati da morfologie a canali intrecciati, Etsch 2000 è tra i pochi progetti europei a concentrarsi sulla dinamica di lungo periodo di un grande fiume, spesso modificato, come l’Adige nel suo andamento sinuoso attraverso la regione. Marcatamente interdisciplinare l’approccio scelto, perché integra ricerche di geografia e cartografia storica, analisi geomorfologica e modellazione matematica con approfondimenti di geoarcheologia, geologia, idraulica e morfodinamica fluviale, con l’obiettivo di fornire un’ampia ricostruzione storico-morfologica al servizi della gestione sostenibile del fiume.
Durante il progetto è stato acquisito presso diversi archivi a livello nazionale e internazionale un database digitale di cartografia storica (del XVIII, XIX secolo) di eccezionale valore, comprendente centinaia di tavole cartografiche e documenti correlati. Sono state acquisite anche immagini aeree relative all’ultimo secolo (dal 1914 ad oggi), informazioni sullo stato del fiume e della valle reperite negli archivi storici e nelle indagini archeologiche, interpretazioni dei sondaggi geologici e da misure di campo (sondaggi geoelettrici, granulometria dei sedimenti in alveo) e misure topografiche. Il database, unico nel suo genere, è stato interamente fotoriprodotto grazie a una convenzione fra il Laboratorio Bagolini del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento (Sezione di Geografia storica) e la Soprintendenza ai beni culturali del Trentino. Una parte della cartografia è stata oggetto di analisi cartometrica e di successiva georeferenziazione e analisi geomorfologica, consentendone una serie di elaborazioni quantitative per gli obiettivi del progetto.
L’Adige di ieri – Per l’analisi sono state utilizzate le carte storiche, disponibili da dopo la metà del 1700, che mostrano una dinamica morfologica piuttosto contenuta dell’Adige per la maggior parte del suo corso e prima delle grandi deviazioni e canalizzazioni di metà 1800. La visione delle carte storiche fornisca l’impressione di un corso d’acqua molto “naturale”, in contrasto con l’immagine invece piuttosto artificiale dell’alveo attuale. Eppure già prima delle grandi opere di canalizzazione, l’Adige era già significativamente alterato da un punto di vista morfologico, a causa delle numerose e significative opere di difesa spondale che ne seguivano il tracciato. Non certamente “naturale”, dunque.
L’Adige allora mostrava una notevole diversità di ambienti fluviali, fra cui barre di sedimento, isole e barre con vegetazione sparsa e colonizzatrice, canali secondari, isole forestate, oltre a una forte interazione e connettività con la piana circostante. Una tale diversità di ambienti era favorita dalle maggiori dimensioni del corso d’acqua, che presentava larghezze da due a quattro volte superiori a quelle attuali. La diversità di ambienti era anche fortemente variabile lungo il corso d’acqua, dove si susseguivano tratti ad alveo intrecciato, molto più larghi, a tratti con morfologie sinuose e meandriformi dove il fiume sviluppava anse in grado anche di divagare su quasi tutta la piana del fondovalle.
Le informazioni geologiche disponibili e l’osservazione delle stratigrafie dei sedimenti indicano come la divagazione delle anse dell’Adige nella piana fosse molto condizionata non solo dalle pareti dei versanti rocciosi ma anche dalla presenza dei numerosi conoidi associati agli affluenti laterali (ad es. Valsura, Isarco, Noce, Avisio, Fersina, per citare i principali). In corrispondenza dei conoidi è possibile infatti identificare delle “zone d’ombra” dove il fiume non poteva entrare a causa dell’effetto protettivo dei conoidi stessi.
A differenza di altri grandi corsi d’acqua alpini soggetti ad analoghi, massicci interventi di regolazione del proprio tracciato nello stesso periodo, per l’Adige i grandi lavori di rettifica e canalizzazione avviati a metà 1800 hanno determinato la quasi completa scomparsa delle barre fluviali, accumuli di sabbia che si formano per effetto dell’interazione fisica fra corrente d’acqua e letto del fiume. L’applicazione delle teorie di dinamica morfologica alle informazioni estratte dalle carte storiche e dalle foto aeree recenti rivela che l’Adige è stato ristretto in modo molto più accentuato di altri grandi corsi d’acqua alpini come l’Isère e il Reno, nonostante condizioni di portate di piena, dimensione dei sedimenti e pendenza della valle molto simili.
Un lavoro di squadra tra Atenei
Alla realizzazione del progetto hanno lavorato per l’Università di Trento: Guido Zolezzi, Walter Bertoldi e Simone Zen del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica; Elena Dai Prà, Marco Mastronunzio, Diego Ercole Angelucci, Daniela Anesin e Matteo Proto del Dipartimento di Lettere e Filosofia.
Per l’Università di Bolzano sono stati coinvolti Vittoria Scorpio e Francesco Comiti, della Facoltà di Scienze e Tecnologie. Ha contribuito al progetto anche il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, con l’apporto di Nicola Surian esperto nella dinamica evolutiva dei grandi fiumi alpini e Jacopo Boaga specializzato in sondaggi geoelettrici del sottosuolo. A questi si è aggiunto il geologo professionista Maurizio Cucato, profondo conoscitore delle caratteristiche geologiche del Trentino – Alto Adige.
Foto/©Ufficio Stampa Unibz