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“Allah Akbar” e poi piombo, ucciso l’attentatore di Berlino

23 Dicembre 2016

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“Allah Akbar” e poi piombo, ucciso l’attentatore di Berlino

MILANO Anis Amri, l’attentatore della strage di Berlino identificato grazie alle impronte digitali lasciate sul tir della morte (non di documenti, quella ricostruzione è errata) è stato ucciso a Sesto San Giovanni, in Italia. Una sparatoria all’alba ha concluso la corsa dell’omicida, uomo carico di precedenti penali. Anis era già stato in Italia, arrivato come molti dal mare. Si era distinto subito, cercando d’incendiare il centro d’accoglienza che lo ospitava.
Amri era stato fermato dalla Polizia per un controllo in piazza Primo Maggio intorno alle tre della notte scorsa. All’intimazione dell’alt, l’attentatore di Berlino che procedeva a piedi non ha esitato. Alla richiesta di esibire un documento, il terrorista ha estratto da uno zaino una pistola calibro 22 e ha sparato contro i poliziotti ferendo quello che gli aveva chiesto i documenti. La pattuglia ha risposto al fuoco colpendo mortalmente Amri al petto. L’uomo era sprovvisto di documenti e quindi non è stato immediatamente identificato. Solo in seguito è stato accertato che si trattava dell’attentatore di Berlino, arrivata sia dai tratti somatici sia dalla comparazione delle impronte. È quanto apprende l’ANSA da fonti dell’antiterrorismo milanese. Prima di morire l’uomo avrebbe urlato “ Allah akbar”.
Il Messaggero invece ricostruisce la fuga partendo dagli accertamenti dalla Digos, coordinati dal capo dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili, Anis Amri, il killer di Berlino, è arrivato in Italia dalla Francia, in particolare da Chambery, in Savoia, da dove ha raggiunto Torino. Dal capoluogo piemontese ha preso poi un treno per Milano dove è arrivato attorno al’una di notte. Infine dalla Stazione Centrale si è spostato a Sesto san Giovanni. Il profilo è quello di un malvivente abituale prestato ad altre cause. Ma forse val la pena approfondire. Non è un caso, che “combattenti” come lui arrivino dalla Tunisia. Il paese del Nord Africa infatti è una hub del terrorismo internazionale. In realtà la questione è nota ai servizi occidentali e pensate la filiera che addestra è attiva dalla guerra d’Algeria. Gli algerini infatti, in guerra contro la Francia utilizzavano la Tunisia come campo d’addestramento, è solo cambiato l’obiettivo. Anzi , nel 2011, molti di questi soggetti furono scarcerati da Tunisi e “lasciati liberi” d’emigrare nelle dinamiche che conosciamo. Ci provò anche l’Albania nel 1997, ma ad arginare il tutto furono le forze italiane della missione Arcobaleno. La Tunisia è uno stato “crocevia”, totalmente incapace di gestire i propri confini terresti ( tra Libia ed Algeria lo “scambio è continuo”) e marittimi. Per i secondi Francia ed Italia hanno cercato di mettere una pezza, fornendo supporto navale ma senza grandissimi risultati. Il governo tunisino paga questo dazio in termini economici, turismo calato del 23%, e d’investimento estero. Tunisi cerca in tutti i modi di dare un parvenza di stabilità e normalità ma di fatto non ci riesce per molti motivi. Le autorità tunisine infatti chiudono troppo spesso entrambi gli occhi e in occasione della strage del Bardo non hanno saputo arginare con forza le frange estremiste che trasversalmente fanno presa. Politiche errate, scelte non sempre dettate dal buon senso e forse una sottovalutazione del problema a monte anche da parte dei governi occidentali. L Tunisia si trova tra due fuochi : il caos libico e la turbolenza algerina, sarà complicato uscirne. Rimane l’Europa. Come fronteggiare una minaccia del genere? Chi ha dato asilo al tunisino nella sua fuga dalla Germania? I controlli a tappeto di moschee e centri culto in Germania è già partito, in Italia pure. In questo momento la sinergia tra intelligence è fondamentale e forse ( a prescindere dalle idee politiche) aver Minniti ( che è stato capo dei servizi italiani e conosce molto bene le dinamiche) rappresenta un quid in più.  Il dubbio atroce, è capire come e perché questo soggetto sia stato aiutato e soprattutto sarà utile individuare il punto d’arrivo dell’itinerario. La rete del terrorismo europeo corrispondente ad una certa matrice è forse più ampia di quello che i servizi di sicurezza continentali pensavano.

Giornalista pubblicista, originario di Bolzano si occupa di economia, esteri, politica locale e nazionale